giovedì 2 settembre 2010

Perché vuoi fare DS??

Perché voglio fare DS?
Perché dovrei fare DS?
Sono domande sulle quali mi interrogo continuamente. Non ho il profilo del manager super stressato con due cellulari che incomincia la sua giornata alle 7.00 e la finisce alle 22.00. Non vado a fare l'aperitivo in corso Como, non salgo e scendo dall'aereo in continuazione non faccio insomma tutte le cose che portano ad avere un super stress da lavoro. Certo  nel mio piccolo riesco a stressarmi ugualmente bene, ma ad essere sincero non posso paragonarmi alla figura del super manager.
Quindi perché dovrei sognare di fare ciò che per esempio ha fatto Simone Perotti.
Forse perché significherebbe fare una scelta semplicemente diversa dalle altre persone? 
Andare contro corrente? 
Non adeguarsi al sistema che ci vede tutti in fila per recarci al posto di lavoro imprecando nel traffico? 
Per non vedere quella faccia (non tanto simpatica) del mio collega? 
Non dover mangiare degli pseudo panini o delle insane frittelle nella pausa pranzo?
La lista può essere variegata, il motivo che mi spinge credo sia riassumibile in una parola Libertà.


La libertà di poter decidere cosa fare e quando farlo. 
Questa libertà c'è già, tutti noi l'abbiamo ma abbiamo delle paure che ci frenano nell'esercitarla.
Una su tutte la paura di non avere un lavoro, di essere squattrinati, di non poter pagare le spese necessarie. Questo ci spinge a lavorare duro per avere la possibilità di colmare queste necessità. Se poi ne abbiamo d'avanzo allora ci concediamo la realizzazione di desideri, viaggi, cellulari, macchine ecc...Questo fissa il modello denominato la corsa del topo (Kyosaki docet) per il quale alla mattina ci alziamo, andiamo a lavorare per pagare le tasse, per pagare le bollette e la mattina successiva è lo stesso. Presente l'asino con la carota davanti?La descrizione calza a pennello.
Spesso mi sento quell'asino mi alzo alle 6.00, colazione, esco, arrivo a lavoro dopo un'ora abbondante di traffico, lavoro, pausa (quando la faccio), finisco alle 18.00 (pura illusione), traffico, rientro per le 19.00 (quando va bene). Preparo da mangiare, arriva la moglie dal suo lavoro, alle 21.00 mangiamo parlando del più e del meno qualche coccola sul divano e Morfeo ci travolge. All'una o alle due si rotola nel letto per poi rincominciare a girare .

Live simply take it easy
Alberto

5 commenti:

  1. Meravigliosa la metafora dell'asino con la carota davanti. E molto più concreta di quanto si possa immaginare, hanno venduto a tutti l'illusione di "potercela fare" per alimentare il sistema. Analizzato dal punto di vista matematico è semplicemente impossibile che tutti ce la "facciano" a raggiungere il sogno del "consumo on demand". Lungo discorso...

    Credo comunque (ma si sa che sono bastian contrario) che il doxsfisting non significhi libertà. O meglio non c'è alcuna garanzia che lo sia o li diventi. Può essere una fuga, una speranza, o un'illusione. Oppure una realtà, ma solo se non parliamo di downshifting in quanto tale, ma ad esempio di passione da seguire: lasciar perdere il resto per dedicarsi a ciò che si ama. Ma questo assicura la libertà? Non credo.

    "Scrivere è una vocazione all'infelicità" - George Simenon. Eppure lui adorava scrivere, era tutta la sua vita. Molti attori famosi cercano di evitare che i propri figli seguano le loro orme. Perchè? Se loro hanno realizzato le loro aspirazioni, perchè impedirlo ai figli? Semplice, perchè in fondo non sono "liberi" nè "felici".

    Non parliamo poi dei grandi artisti del passato la cui arte era tutto ma strisciavano per tutta la vita al seguito di un mecenate (Leonardo, Galilei, Michelangelo...)

    La libertà non è un automatismo che si realizza quando hai i tuoi orari, la tua indipendenza, la professione che ami, il tuo denaro. Non è quello. E' un'illusione che ci creiamo perchè amiamo cercare una strada "semplice", nel senso di una risposta semplice, un principio di causa effetto, "faccio questo e ottengo quello, se non al 100%, magari al 50% - 30% - 10%, cmq sempre meglio che timbrare il cartellino"...

    Come ho scritto, per quanto folle possa essere, libertà è amare quello che si fa, e lo so che è difficile, io riesco solo perchè ho una fede religiosa che mi fa scoprire la bellezza ove pochi la vedono, e meno male, altrimenti sarebbe così inflazionata da essere inaccessibile, come una spiaggia iperaffollata. Ecco, libertà è un moto dello spirito, come la felicità. PErò non è un metodo e non può essere insegnata, non è una strada, ognuno deve trovarla da sè.
    (segue)

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  2. (seguito)
    Mai credere a chi propone metodi per due motivi: il primo è che non esistono, siamo tutti diversi, nati diversi, con storie diverse, fortune diverse, pensieri diversi. Il secondo, grave, è che chi ha preso una strada e propone un metodo, anche quando il metodo non gli offre poi tutta la libertà e la felicità che aveva sperato, non lo dice. Neanche a sè stesso, figurarsi agli altri.

    Credo che fare downsfift sia utile per la salute. Non per avere maggiore libertà ma per non esplodere, non ammalarsi, non fare incidenti correndo al lavoro. Per avere più tempo per sè. Ma non è quella la libertà. Lo scoprono molti pensionati che si sentono inutili. E poi, penso che pochi sono disposti a pagare davvero il prezzo di questa scelta. Sento parlare di "scalare marcia" a persone che continuano a fare gli straordinari. Ma se non riescono a lavorare le ore strettamente necessarie, sacrificio minimo se uno vuole davvero rallentare, come possono pensare che il downshift sia una scelta e non una fuga? E' quello il vero ring, il primo ring per chi vuole davvero rallentare. Ecco come mettersi alla prova. Minimo indispensabile, lavoro onesto ma limitato per fare ciò che poi ci sentiamo davvero, essere considerati gli ultimi sul posto di lavoro, quelli che fanno orario minimo, niente promozioni (se ti promuovono vuol dire che sei uno che va oltre, non che scala marcia), riunioni a cui non ti invitano perchè non fai parte di un processo di crescita aziendale, sei un bravo lavorante ma nulla più. Ecco, questo è "scalare". Ma il prezzo è alto. Io lo sto "pagando", ma quasi non l'ho deciso, ci sono capitato in mezzo e ho detto "sì, lo voglio".

    La libertà è rinuncia. Rinuncio perchè non voglio. Rinuncio perchè non ne ho bisogno. Rinuncio perchè voglio essere considerato l'ultimo e non il primo, perchè se sono il primo devo sempre dimostrare qualcosa, se sono l'ultimo sono anche il primo a prendere il volo, ad essere libero. Ma la gente davvero libera, nei secoli dei secoli, lo sapete che se ne fregava di quello che gli altri pensavano di loro?

    Ecco, questi sono i primi passi. Se non si riesce a compierli, e sono i più semplici, ma come si spera di poter andare oltre? Non è che ci si illuderà soltanto?

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  3. #Exodus
    Amare è libertà!
    Come negare il contrario? Amo leggere, amo fare da mangiare, amo praticare sport , amo fare queste cose quando mi viene voglia di farlo!
    Amo prendere di tutto un po', perché tutto serve ma niente è indispensabile. Ecco che un po' di concetto doxschifting mi fa piacere ma da solo non è sufficiente a farmi felice o libero.
    Condivido quando dici che non c'è un metodo, e vero, siamo tutti diversi, quello che funziona per me non è detto vada bene anche per te. Però può ispirarti darti una dritta, farti vedere semplicemente le cose da un'altro punto di vista. Prendi e porta a casa, elabori tieni quello che ritieni giusto per te e crei la tua idea.
    Il coraggio di fare scelte anche drastiche per se stessi è fondamentale. Io ci sono arrivato dopo qualche anno e non ci sono capitato ma l'ho sto scegliendo io.
    "libertà è rinuncia" non non credo rinuncia di che cosa? Di stereotipi che ci danzano davanti?
    La libertà, per me, è un fatto personale te la cuci addosso con una buona dose di Consapevolezza su te stesso.
    Live simply take it easy
    Alberto

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  4. ""libertà è rinuncia" non non credo rinuncia di che cosa? Di stereotipi che ci danzano davanti?"

    Sai, a volte penso che, alla fine, quasi tutto è stereotipo. Io e mio padre apparteniamo a generazioni diverse, separate nientemeno che dall'ingresso nella modernità, lui iniziò a lavorare a nove anni, tant'era la miseria. Viviamo e abbiamo vissuto in mondi troppo diversi, e quando parliamo mi rendo conto che poche cose importanti per me lo sono anche per lui. Pochissime, fondamentali, vitali, che possono renderci umanamente felici o infelici. Credo proprio che tutto il resto sia stereotipo. E in quanto tale, non cambia niente se vi rinunci. Ma ripeto, poche cose davvero non lo sono.

    Ciao.

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  5. Sai, anche con mio padre ci sono delle grosse differenze forse più grandi delle tue, premesso che non so quanti anni hai. Mio padre è del 29 io del 71 ci passano quasi due generazioni! Lui da bambino giocava a nascondersi dalle bombe io nei prati a far merenda. Se dovesse bastare questo come termine di paragone dovrei sentirmi un fortunato (e lo sono visto che di bombe sopra la testa non ne ho mai sentito fischiare).
    C'è da dire una cosa, il tempo passa, le difficoltà cambiano e l'uomo si adatta. Questo per dire che si adatta a tutto alla guerra come al benessere. Sono situazioni diametralmente opposte, non ci piove, ma riescono a scatenare reazioni ugualmente forti. Non so se mi sono spiegato ma un tempo si faceva carte false per avere la sussistenza oggi si fanno carte false per la villa al mare.
    Quando si dice che le cose che contano nella vita sono veramente poche si dice una grande verità.
    Live simply take it easy
    Alberto

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I commenti sono un'ottimo esercizio di brainstorming

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